giovedì 30 giugno 2011

I libri rivelano i pori sulla faccia della vita. Per questo sono odiati e temuti

Stefano Rizzo, vicesindaco di None, ha finalmente coronato il suo sogno: dare una nuova biblioteca a None. C’è voluto parecchio tempo, tra intoppi burocratici, fallimenti, patto di stabilità e tanto altro ancora. Stefano, con la tenacia che lo contraddistingue, non ha mai mollato e adesso può legittimamente condividere con la collettività l’orgoglio di quella che è stata chiamata “casa della cultura”(è un nome che mi piace, sa di tempi antichi, quando la cultura non la si mangiava, bensì la si divorava, anche tra gli operai). Così adesso al centro del paese c’è un gioiello, una specie di cuore pulsante, che veramente può irrorare le menti di linfa vitale. Qualcuno ha detto che là dove esiste una biblioteca si forma una forte aggregazione sociale e la società che ne deriva è senz’altro migliore. è vero, purché d’ora in avanti si propagandi il verbo della cultura, che forse, come dice il ministro dei soldi, non si mangia, ma certamente rende i cittadini liberi e non sudditi asserviti ad una voce sola. None può veramente considerarsi fortunata in questa pianura afosa d’estate e uggiosa d’inverno. Un cinema e una biblioteca, moderna e funzionale. “La cultura non è un lusso, è una necessità”, scrive lo scrittore cinese Gao Xingjian ne: - La montagna dell’anima - , 1989.
Necessaria perché, non desistendo, si può finalmente uscire da questi anni limacciosi. Si può respirare un’aria più pulita, un’aria di nuova primavera. Non soltanto metaforicamente. Che qualcosa si muova è stato dimostrato tra l’altro dalle centinaia di cittadini nonesi che, una sera di giugno, sotto la pioggia battente, si sono riversati per le strade del centro, non per festeggiare lo scudetto o la promozione della propria squadra, non in ragione di un’isterica azione di massa, ma per dimostrare la propria totale contrarietà rispetto ad una presunta modernità ammorbante. Meglio due, tre biblioteche, che una centrale tenebrosamente inquinante per i suoi miasmi mefitici. I libri alimentano le nostre utopie. Non quelle legate alla costruzione dell’uomo nuovo che tante tragedie hanno alimentato nel secolo breve, il Novecento. I libri nutrono le utopie migliori con tutta la loro energia pacificamente devastante. Là dove il dissenso è proibito, è vietato leggere liberamente. La cultura fa paura. La gioventùà nazista, intossicata di odio e fanatismo, nella sua più bieca simbologia, era mercoledì 10 maggio 1933, sulla Opernplatz a Berlino organizzò un funesto rogo delle opere di autori ebrei e, dal 12 aprile al 10 maggio del 1933, aveva innestato alacremente e sistematicamente roghi, non solo a Berlino, ma in ogni città universitaria della Germania. La stessa cosa accadeva in Urss, dove, anche se i libri non venivano bruciati, era tassativamente probito leggere qualsiasi opera distonica rispetto alla cultura dominante e pervasiva del comunismo. Ne sono testimone io, che durante gli ultimi rantoli dell’agonia sovietica, ho trascorso in più occasioni brevi periodi nel cuore dell’impero. Poteva capitare che, mentre passeggiavi lungo qualche strada di periferia, d’improvviso ti si squarciasse allo sguardo una scena, come quella che può accadere in qualche mercato nostrano, quando un venditore straniero ti spariglia alla svelta su un telo le proprie merci taroccate, prima del sopraggiungere di qualche vigile furioso. Ebbene anche là, sotto i cieli baltici, giovani partigiani dei libri aprivano con mosse svelte un tavolino pieghevole, su cui predisponevano alla meglio la loro merce proibita, estratta da una sacca rigonfia del respiro della cultura libera. Potevano essere vecchie edizioni delle opere di Nikolaj Gumilev, fucilato nel 1921 per attività controrivoluzionaria, Anna Achmatova, caduta in disgrazia, Osip Mandel’stam, ingoiato dal buco nero del gulag. Magari erano libri stampati clandestinamente. Suppongo. Avevi il tempo di sfogliare qualche pagina prima dell’arrivo di qualche milizioniere che faceva letteralmente saltare il banco.
“Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive”.
è una citazione da “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury, che descrive una società senza libri, dove, pur di non disperdere la memoria degli stessi, alcuni sovversivi custodiscono a doppia mandata nelle proprie menti le opere più importanti. Ce lo auguriamo che non accada mai di vivere in una società senza libri!

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