giovedì 30 giugno 2011

Metafore

C’è un grande serpente nero, velenoso come l’aspide di Cleopatra, che attraversa la pianura padana. Sta insinuandosi piano piano con la sua apparente immobilità, tra le rive di città tristi, a mordere il petto del nostro povero paese.
Mi riferisco alle tonnellate di petrolio e gasolio combustibile che mani scellerate, aprendo le cisterne di una raffineria lombarda, hanno fatto sì che si riversassero nel fiume Lambro, intossicando luoghi e persone di miasmi maleodoranti e mefitici.
“Ci sono tutti i problemi di questi venti anni della nostra vita italiana politica, amministrativa, della crisi della nostra repubblica: con il petrolio sullo sfondo come grande protagonista della divisione internazionale del lavoro, del mondo del capitale che è quello che determina poi questa crisi, le nostre sofferenze, le nostre immaturità, le nostre debolezze, e insieme le condizioni di sudditanza della nostra borghesia, del nostro presuntuoso neocapitalismo”. Così Pasolini (inizio anni ‘70), prima di morire, preannunciava la scrittura di un nuovo romanzo, dal titolo emblematico di “Petrolio”, pubblicato postumo e rimasto purtroppo incompiuto.
Il fiume, nero e tossico (per l’ingordigia degli speculatori), è una metafora (me ne scuso con chi è turbato e irritato dall’uso di metafore) della nostra società decadente. è come un tentatore subdolo e ancestrale. Bene raffigura il nostro mondo contemporaneo, che si consuma tra le risate un po’ isteriche di chi intona le sue sarabande sul cratere di un vulcano pronto ad esplodere.
Nonostante tutto, noi seguitiamo irrimediabilmente ad attendere il ritorno di qualcosa di buono, di giovane e gentile.

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