giovedì 30 giugno 2011

Michele Astegiano, il cuore oltre le tenebre

Anche se non ce l’ha fatta, Michele Astegiano merita rispetto. Grande rispetto e tanta ammirazione, perché è uno capace di gettare il cuore oltre l’ostacolo, assumere cioè decisioni temerarie che talora sembrano un affronto a quello che comunemente viene definito “buonsenso”. Come l’Ulisse di Umberto Saba, ovvero come un uomo che, pure a 58 anni, non riesce a stare fermo come un pantofolaio. Che, dopo aver trascorso gran parte delle sue stagioni di sfida in sfida, si mostra ancora smanioso di mettersi in gioco, preferendo l’infinito periglioso mare, mettendo il cuore oltre le colonne d’Ercole della stabilità, piuttosto che la bonaccia del porto illuminato in cui trova ricovero chi invece è desideroso di pace e tranquillità. … al largo sospinge ancora il non domato spirito e della vita il doloroso amore … Insomma, ha deciso di affrontare la vita nelle sue due essenziali manifestazioni di amore e di dolore, mettendo a repentaglio cuore e salute. Con il solo scopo di soddisfare la sua dignità di uomo mai domo alla ricerca di un traguardo più elevato. L’ha fatto il 13 novembre al velodromo di Montichiari, terra del leghismo celodurista e del multiculturalismo cristiano progressista bresciano. Su una pista di 250 metri in pino siberiano, dentro una struttura ovoidale, incastonata in una struttura a maglia di acciaio, simile ad un’astronave aliena. L’organizzazione è stata pressoché perfetta, grazie a Luca Ferrua e famiglia. Giudici italiani e stranieri per dare il meritato prestigio alla prova. Prima gli inni svizzero e francese, dedicati rispettivamente a Losanna e Parigi, sedi dei maggiori organismi del ciclismo internazionale; poi gli inni degli Usa, paese natale di Steve Lehman, detentore del record mondiale (M 6) dell’ora (44,5488 km), e dell’Italia, patria dello sfidante. Gli inni sono stati suonati – indovinate un po’ - dalla banda musicale di Pomaretto, che prima del tentativo ha allietato il pubblico con un repertorio assolutamente originale. Assenza, apparentemente ingiustificata, della banda di None, di cui l’atleta nonese è componente. Eppure nelle passate sfide locali la nostra filarmonica non aveva mai fatto mancare la sua performance. Si è poi notata la smaccata assenza dell’Amministrazione comunale. C’è da chiedersi come sia possibile che nessuno dei venti amministratori (sindaco compreso), sabato 13, non sia riuscito a ritagliarsi un lasso di tempo per conferire rilievo istituzionale all’evento. Di certo ne sarebbe valsa la pena, perché l’evento c’è stato e Astegiano, nonostante che non sia riuscito a togliere il record all’americano, ha dato spettacolo lungo quella necessaria e assoluta striscia sottile, nella parte bassa della pista, delimitata sopra da una pennellata rosso sangue e sotto da una pennellata nero di seppia. La cinquantina di sostenitori nonesi, al seguito, ha messo in sincrono i precordi e le emozioni con il cuore e i muscoli di Michele, l’ha incitato, ha urlato, invocandone il nome ad ogni giro. Il preparatore Sergio Benzio a bordo pista, cronometro alla mano, protendendosi fino all’estremo come un buon samaritano verso il suo assistito, ha dettato i tempi. Sollecitando il novello pistard a guardare sempre avanti, per restare incollato a quel tracciato ben definito, così da non perdere secondi preziosi. E Michele ce l’ha messa tutta per non deragliare da quella linea, fatale come la linea d’ombra del protagonista del romanzo di Joseph Conrad. E dentro quella striscia così marcata c’erano: tutta la solitudine con se stessi, la difficoltà di conoscersi nel profondo, nel vortice ambiguo e contraddittorio dei sentimenti, nel contrasto tra gli ideali ricercati o le ambizioni velleitarie a rischio di attuazione. C’era nello sguardo teso di Michele soprattutto la paura di non sentirsi all’altezza del compito che talvolta la vita inculca, al declinare della stagione dei giochi, per osteggiare le “tenebre”, avvero le avversità con dignità e coraggio. Quando il superbo atleta è sceso dalla bicicletta, sul viso c’era lo sfregio della fatica estrema. La piccola folla, intorno, l’ha avvolto con tutto il calore e l’affetto che meritava. Sul display dei computer e dei cronometri baluginava uno splendido tempo: 40 km e 788 metri. Non il record mondiale, ma la migliore prestazione su pista a livello italiano nella categoria “Master 6”, secondo il riconoscimento della stessa Federazione Italiana di ciclismo. Sì, Michele merita rispetto e grande ammirazione, anche se non ce l’ha fatta a battere il record dell’americano Steve Lehman. E non è detto che possa riprovarci sulla medesima pista.

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